C’era una volta l’Ospedale di Ceglie

Ritorno al passato?

Ecco una mia lettera aperta scritta nel 2003 al sindaco di allora Mario Annese e pubblicata su “l’Idea on line”

In queste ore un artista cegliese, il pittore e scultore Pino Santoro, ha inviato una lettera aperta al sindaco Mario Annese dai toni struggenti e giusti. La proponiamo integralmente.

Eutanasia di un ospedale, si chiudono cinque secoli di storia
Siamo tanti i cegliesi che non accettiamo la chiusura dell’Ospedale sacrificato dal Piano di riordino ospedaliero. Ci è stato detto che questo è necessario per migliorare la qualità dei servizi e ridurre i costi. In pratica è stato un freddo calcolo di pianificazione economica che favorisce le strutture private, aumenta i disagi in quelle pubbliche per diminuire i costi della Sanità. C'era una volta l'Ospedale di Ceglie
Mi viene a questo punto in mente una cinica battuta del Presidente del Consiglio Berlusconi, in un’intervista in occasione di uno sciopero: “ Se gli operai e i sindacati mi dimostrano che lo sciopero fa aumentare il P.I.L. noi ci adegueremo”. E’ deprimente constatare che noi siamo considerati P.I.L. e costi. Dove mettiamo la dignità e il diritto a un lavoro più umano e, nel nostro caso, alla salute di diversi ammalati, le garantisco, già rifiutati da alcuni ospedali, per mancanza di posti. Dov’è a questo punto il superfluo dell’ospedale di Ceglie e il tanto sbandierato miglioramento dei servizi?  Una struttura pubblica deve guardare alla qualità dei servizi offerti non al profitto.
Vorrei che i nostri amministratori fossero più orgogliosi di essere cegliesi ed avessero più convinzione nel valorizzare e difendere Ceglie, da qualunque schieramento essi provengano.
Pino Santoro

Quando i colori sono un optional

Un cinico gioco quello a cui assistiamo in questi giorni a danno di cittadini, che loro malgrado, si trovano incastrati negli ingranaggi di strane (per i non addetti ai lavori) manovre politiche.
Il fiore all’occhiello della sanità brindisina, dopo un lento ed inesorabile smantellamento, si trova, in un decennio, ad essere di troppo secondo una logica che considera secondario un bacino di utenza di 50.000 persone.
Secondo la stessa logica diventa di eccellenza perfino un ospedale costruito nei pressi di scarichi fognari di un grande paese e di conseguenza con poche garanzie igieniche.
Diventa eccellenza un ospedale dove le ambulanze, per raggiungerlo, spesso sono costrette ad attendere davanti al passaggio a livello chiuso, per decine di minuti preziosi che passi il treno, poiché quella assurda logica non ha previsto un ponte.
Sempre la stessa logica, fa meritare leadership culinarie anche a chi non ha grandi tradizioni in tal senso.
E le stelle stanno a guardare era il titolo di un noto film, ma anche le stelle qualche volta possono incazzarsi (lasciatemi passare il termine) per il fiume di m….a che passa sotto di loro.
Perché è sempre la stessa logica che considera la meritocrazia carta straccia, il nepotismo e il clientelismo metro irrinunciabile. La stessa cinica logica che predilige il bacino di consensi a quello di utenza.
E i cegliesi sono davvero stanchi di vedersi scippare continuamente i loro sacrosanti diritti.
Non voglio spiegare qui tutte le documentate ragioni che ci sono per non chiudere il nostro ospedale perché in questi giorni se ne parlerà ampiamente su vari giornali e blog.
Voglio solo dire che un taglio di spesa sanitaria che dovrebbe essere equamente ripartito tra le varie strutture della provincia di Brindisi non può concentrarsi soltanto su Ceglie e Cisternino, mentre a Fasano si dovrebbe incrementarla con reparti ex novo, con evidenti e consistenti aggravi di spesa.
Ma ci prendiamo davvero per i fondelli?
A questo punto diventa anacronistica una cieca sudditanza politica di fronte al rischio di perdere un bene prezioso come quello del diritto alla salute.
I colori di appartenenza si possono anche fondere quando lo scopo è comune e non ci sono giochi nascosti, e possono dare origine ad un orgoglio cegliese che sonnecchia da troppo tempo.

Vorrei che i nostri amministratori fossero più orgogliosi di essere cegliesi ed avessero più convinzione nel valorizzare e difendere Ceglie, da qualunque schieramento essi provengano.
Negli anni passati, per la costruzione dell’Ospedale, una scelta infelice di luogo ci privò di un autentico gioiello del passato (il Convento dei Cappuccini). Non parlo da inguaribile, romantico sognatore, amante dell’Arte; quel sito oggi sarebbe una straordinaria miniera turistica.

Con quella scelta i Cegliesi diventarono più poveri di un bene culturale ed artistico irripetibile. Oggi un’altra scelta infelice ci rende più poveri di un bene sociale ed umano. Il Convento dei Cappuccini, non esiste volontà che possa restituircelo, l’Ospedale invece è là; basta solo la buona volontà e più amore per la nostra Ceglie per ridarcelo.

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